mercoledì 30 luglio 2008

Pierre Johannet: Suono ed aria.


Il mondo della riproduzione della musica ripropone costantemente filosofie, antitetiche a volte, che dimostrerebbero la dipendenza della bontà di una riproduzione musicale, da fattori, ora tecnici, ora artistici, fino a sconfinare in pratiche che all'occhio di una persona non iniziata, appaiono un vero e proprio ricorso a pratiche parascientifiche per non dire magiche.

Che cosa si cerca nella musica riprodotta?
Il sogno di riproduzione fedele e coinvolgente è mai diventato realta'?
A giudicare dal numero di cambiamenti e dalle quantità di denaro speso, non sembra che l'appassionato audiofilo raggiunga tanto facilmente, semmai lo raggiunga, il risultato sperato.

A questo punto ci si deve porre una domanda.

E' possibile ricreare una suono vivo e coinvolgente con metodi tradizionali?

Qui non si tratta dell'ennessima apparecchiatura che risolverebbe il problema di un ascolto insoddisfacente, non si fa riferimento a dischi o registrazioni speciali da acquistare ma di valutare se esistono ostacoli sconosciuti che si frappongono fra l'ascoltatore ed il suono emesso dai diffusori.

Cosa si ricerca dalla musica?

Di condurci in un viaggio interiore, lontano dal tempo e dalla realtà della routine giornaliera.
Una sensazione di relax.
Una capacità di eccitazione, apparentemente in contrasto con la frase precedente, qualcosa che ci prenda e ci immerga nella performance dell'artista.

Spesso è necessario un grande sforzo di fantasia per attribuire a ciò che ascoltiamo queste prerogative, spesso la musica riprodotta da un impianto di riproduzione è afflitta da caratteristiche anitetiche a ciò che cercavamo, il suono è noioso e piatto anzicchè eccitante, aggressivo e fastidioso anzicchè rilassante.

Pierre Johannet, fisico e ricercatore francese nonchè audiofilo, in un articolo pubblicato dalla rivista "Diapason" esprime alcune considerazioni, alternative alla visione comune sulla materia audio, che culmineranno in una soluzione, del tutto differente dai comuni metodi di miglioramento della qualità di un impianto di riproduzione.

Johannet parte dalla considerazione che dopo quarant'anni di ricerca, non si evince alcuna correlazione fra qualità d'ascolto e misure classiche in sistemi al di sopra di una certa soglia di qualità.
Un esempio per tutti, gli amplificatori che utilizzano le valvole 300 b, sono in genere considerati riferimento di qualità, al di sopra dei loro omologhi a transistor, nonostante i 7 watt per canale e l'1.5 per cento di distorsione.
Non esiste relazione tra la misura della distorsione e la qualità del suono.
Non esiste relazione tra risposta in frequenza, potenza, fattore di smorzamento e qualsivoglia misura classica e qualità del suono.
Almeno, ad oggi, nessuno l'ha mai dimostrata, semmai ipotizzata senza dimostrazione.

Il lettore Cd, simbolo di perfezione per molti, non ha scalzato dal cuore degli audiofili il vecchio sistema analogico, e questo, nostante la sua evidentissima superiorità tecnologica alle misure.

A metà degli anni 70, derisi dalla maggior parte degli appassionati, alcuni pionieri cominciarono a evidenziare l'incidenza della qualità dei cavi sulla qualità dell'ascolto ed in seguito, anche i cavi di alimentazione delle apparecchiature sono stati oggetto di analisi e ricerca.
Ancora oggi l'argomento cavi divide i tecnici dagli audiofili, tra i quali esiste una limitatissima quantità di scettici.
In seguito, ogni tipo di intervento è stato preso in considerazione al fine di migliorare la qualità del suono, dalle vibrazioni alla corrente, niente oggi, nel campo dell'audiofilia, viene trascurato al fine del raggiungimento di un risultato che paradossalmente sembra sempre sfuggire

Tornando ai cavi, il problema dell'incidenza sul suono di questi innocui dispositivi, all'apparenza sembra molto semplice se ci si ferma ai parametri tradizionali di induttanza, capacità e resistenza, nella realtà, sfuggono le cause di differenze che possono essere percepite, anche quando le regole dell'ottimale interfaccia elettrica sembrerebbero rispettate.

Alle misure tradizionali qualsiasi cavo supera abbondantemente la qualità minima anche per l'ascoltatore più esigente, non si capisce quindi perchè la limitata quantità di parametri da valutare non possa spiegare la genesi delle differenze. Questo costringe a mettere in discussione anche ciò che apparentemente non sembra esserlo, ad esmpio le guaine isolanti, il tipo di materiale di cui sono composte e persino il loro colore.

Gèrard Perrot e Pierre Johannet sulla rivista francese "L'Audiophile" elaborarono un'ipotesi sulla memoria degli isolanti. Non è una novità, le prime ricerche risalgono a Benjamin Franklin alla fine del XVIII secolo.
Se un condensatore di un centinaio di microfarad a 12 volts, si cortocircuita per un tempo brevissimo, è possibile misurare energia immagazzinata che diminuisce dopo pochi secondi o qualche minuto, in funzione dell'isolante impiegato.
Il teflon risulta l'isolante con il minor assorbimento.
Non è quindi un'idea balzana ipotizzare che le guaine dei cavi conservino, anche se in misura ridotta, la memoria del segnale che li ha attraversati.

Un altro oggetto, il cd, che doveva garantire un suono perfetto per sempre, si è dimostrato essere tutt'altro che la panacea, e nel tempo, diverse ipotesi sono state fatte per determinare la causa di un suono cosiddetto "digitale", parola che a livello popolare è sinonimo di qualità ma che in certi ambienti ha acquisito un valenza negativa, come sinonimo di freddezza e asetticità.

Si sono ipotizzate diverse cause, dalle vibrazioni, all'intervento dei sistemi di correzione dell'errore, al jitter, un tipo di distorsione legata ad asincronia temporale del segnale digitale, che ha determinato l'uso di clock sempre più sofisticati fino al ricorso al cesio utilizzato negli orologi atomici.
Nonostante 25 anni di evoluzione tecnologica, il sistema cd non ha mai convinto del tutto dal punto di vista musicale.
Non ci sono differenze misurabili fra un lettore di classe economica ed uno di classe elevata che evidenzino le differenze all'ascolto, ed ancora oggi le riviste specializzate continuano a pubblicare grafici e misurazioni che continuano a dimostrare la non correlazione tra misure e sensazioni soggettive verificate dai loro stessi recensori.

Davanti a questi fatti inesplicabili, ingegneri e progettisti avrebbero dovuto reagire, ma questi, in evidente difficoltà di comprendere il problema, hanno preferito parlare di aspetti soggettivi, di differenti sensibilità degli ascoltatori, di prevenzione, di suggestione, di tutto cioè pur di minimizzare ed a volte ridicolizzare le posizioni soggettiviste, creando di fatto una barriera tra tecnici ed ascoltatori.

Passati inosservati in quanto fuori dal tempo ed iconoclasti, alcuni personaggi, rarissimi per non dire unici, ipotizzarono, negli anni ottanta, che fenomeni al di fuori della catena audio potessero influenzare la percezione della musica e che quindi una "nebbia", nell'ambiente, (da non confondere con la scienza dell'acustica ambientale), potesse offuscare la qualità del segnale emesso da apparecchiature che a questo punto venivano sgravate da colpe a loro attribuite.
Ovviamente tali ipotesi andavano in conflitto con la realtà del mercato, da qui la scarsa per non dire nulla visibilità data a queste teorie dai mezzi di stampa, e il relativo ostracismo ai promulgatori.

PETER BELT

Il primo che in inghilterra, verso il 1975, scoprì che strani fenomeni esterni alla catena di riproduzione, avevano la capacità di influenzarne le prestazioni. Ebbe un breve periodo di notorietà grazie agli stranissimi oggetti venduti, creme, foglietti multicolori, pennarelli trattati, ma probabilmente, l'aspetto folkloristico delle sue teorie, camuffava una conoscenza degli effetti dei campi elettromagnetici, e dei fenomeni elettrostatici e della loro influenza sul suono riprodotto.
Ispiro' la Linn e le sue teorie sulla single speaker demonstration, ovvero sulla rimozione dall'ambiente d'ascolto di elementi perturbatori come altri diffusori, orologi elettrici, sveglie, telefoni etc.
E' ancora sul mercato, opera tramite la società PWB electronics.

(http://www.belt.demon.co.uk/

OSH

La società OSH (Oxigene systeme huit),sotto l'impulso di Gèrard Noel, depositò nel 1986, un brevetto riguardante, per la prima volta, la messa in causa di certe molecole polari o polarizzabili, in particolare, molecole d'acqua.
Non e' ancora chiara la relazione con le perturbazioni acustiche e sui meccanismi che le generano.
Questa società commercializza un certo numero di dispositivi destinati a ridurre o eliminare gli elementi perturbatori del suono riprodotto, individuati e denominati con l'acronimo "Mis", ovvero "micro induzioni di superfice".

http://pageperso.aol.fr/_ht_a/fdzours/technique/Osh94.pdf


SICOMIN

Questa società francese, che si occupa di materiali e fibre d'avanguardia per varie applicazioni, si occupò immediatamente in occasione dell'inizio della commercializzazione del CD, delle problematiche riguardanti l'influenza sul suono di cariche superficiali presenti su dischetti, commercializzando uno speciale accessorio in carbonio da utilizzare nel meccanismo di trasporto del cd, e speciali cabinet in fibra di carbonio per apparecchiature audio.


http://www.sicomin.com/


MICRODECHARGES D'INTERFACE. (MDI) (Microscariche d'interfaccia)

Verso il 1996 Pierre Johannet si occupò da una diversa angolazione, del problema cavi, attraverso la formulazione della teoria delle MDI.

Perchè i cavi? Perchè pur avendo una struttura estremamente semplice, si resta del tutto incapaci di prevederne le prestazioni musicali.
Qual'è l'ipotesi?
Essa deriva da un'osservazione di un fenomeno già noto dagli inizi dell'uso dell'elettricità, sui conduttori ad alta tensione.
dato un diametro, e a partire da un determinato livello di tensione, un conduttore nell'aria è circondato da un alone "effetto corona" costituito da scariche che si sviluppano nell'aria a partire dalla superfice del conduttore.
Il conduttore si illumina in superfice prendendo l'aspetto di un tubo al neon nell'oscurità. Le tensioni sono naturalmente elevate, diverse migliaia di volts, ma queste tensioni possono essere anche molto più ridotte perchè il fenomeno si presenti, se la superfice del conduttore presenta delle irregolarità.

Queste scariche si presentano come impulsi di breve entità, nell'ordine di 0.1 fino a 0.01 microsecondi e si producono negli isolanti dei cavi. Si parla quindi di scariche parziali che si utilizzano come test per la qualità dell'isolamento, nei materiali ad alta tensione.
La questione che Johannet si pose riguardava la possibilità che queste microscariche potessero formarsi anche nei cavi per uso audio sotto l'azione di pochi o frazioni di volts.
La possibilità di questa ipotesi venne confermata da un esperto di microscariche del CNR francese, Lambert Pierrat.

Questa osservazione, pur non supportata da misure, presentava interessanti risvolti, in quanto si adattava a risolvere dei quesiti che da sempre gli audiofili avevano accumulato in materia di cavi.
In particolare:

L'apparente superiorità dei conduttori in argento puro.

L'apparente superiorità dell'isolamento in teflon, caratterizzato da una rigidità dielettrica tale da opporsi in modo ottimale. alle microscariche.

Il fatto che gli ultimi metri di cavo siano più influenzati dal fenomeno delle microscariche per quanto riguarda i cavi di alimentazione.

La generazione di campi elettromagnetici e la propagazione delle microscariche lungo l'isolante con relativa tendenza a generarne altre.

L'incidenza sulle microscariche di particolari misure di cavo, con relazione fra qualità del suono e misure ottimali in lunghezza.

Il rodaggio dei cavi relazionato alla stabilizzazione ed alla riduzione delle microscariche in relazione al tempo di immobilità del cavo.

Una primitiva ipotesi di conseguenza pratica delle microscariche sulla qualità del suono dei cavi, prendeva in considerazione la formazione di un rumore di fondo percepibile più come una leggera nebbia che come rumore vero e proprio.
In seguito prese piede l'ipotesi che queste microscariche potessero avere una influenza sul campo ionostatico, quindi come polluzione elettronica e relativo "inquinamento" dell'aria, attraverso la quale il suono si propaga.

CAVI E SOLUZIONI.

La soluzione per le microscariche dei cavi,venne individuata alla fine degli anni novanta. Si trattava di iniettare una soluzione fisiologica, disponibile in tutte le farmacie, tra il conduttore isolato e la guaina. Venne brevettata la denominazione "Biocable".

Rimaneva il problema del campo elettromagnetico e la eventuale sua reazione con le microscariche, l'ipotesi era che le molecole polari, depositate sulla guaina, si mettessero ad oscillare sotto l'effetto delle scariche, fenomeno combattuto dai biocavi.
Inoltre si ipotizzò che le oscillazioni potessero propagarsi lungo tutta la lunghezza del cavo, in seguito si vedrà che questo è solo la punta dell'iceberg, per cui fu ideata una soluzione che prevedeva l'applicazione di un campo elettrico e magnetico sulla superfice del cavo. Ma ovviamente l'impresa di neutralizzare le microscariche era una lotta contro i mulini a vento, queste potevano espandersi agli altri cavi, penetratre dentro le apparecchiature, ed inoltre bisognava considerare anche i diffusori il cui interno era costituito altrettanto da abbondanti dosi di cablaggio.

La protezione degli amplificatori prevedeva l'uso di condensatori in polipropilene e polistirene, dotati di una minor assorbimento del dielettrico e quindi con minore "memoria" del segnale , l'eliminazione dei condensatori d'accoppiamento, il filtraggio dell'alimentazione, soluzioni alle quali si ispirò probabilmente Lavardin, costruttore di amplificatori, dichiarati " i primi, privi di effetto memoria".

La teoria delle microscariche ebbe un buon successo presso i costruttori, l'incremento di qualità del suono nelle apparecchiature che si ispiravano a questa tecnologia era anche evidente, restava un punto debole, una tragica assenza di documentazione e misure, tutto era accettato sulla base dell'ipotesi non dimostrata, ed infine rimaneva ancora un grosso nodo insoluto: il sistema di altoparlanti.

Anche, e forse in modo più accentuato rispetto ad altri componenti, il suono di un sistema di altoparlanti è assolutamente decorrelato dalle misure tradizionali, inoltre la estrema variabilità del suono dei diffusori acustici in relazione alla catena a monte, rende ancora più difficile l'identificazione di una precisa personalità sonora, mettendo in discussione quindi la classica definizione degli altoparlanti come anello più debole della catena.

Un esperimento fu effettuato da Pierre Johannet insieme a Pascal Trentin, nell'ottica della ricerca sulle microscariche.
Una membrana di un altoparlante venne sottoposta ad un campo magnetico alla stregua di un comune cavo.
non ci si aspettava una differenza ma invece ciò che risultò all'ascolto, fu un miglioramento nel suono in particolare una maggiore fluidità e scorrevolezza, nonchè un incremento in dinamica .
La prima conclusione fu allora la seguente: le microscariche sotto forma di onde ad alta frequenza, migrano sulla membrana perturbando l'accoppiamento membrana aria.
Il campo magnetico, in questo caso costituito da due magneti in ferrite opportunamente orientati, assorbendo una parte dell'energia dell'onda hf generata dalle microscariche, non poteva che migliorare l'accoppiamento membrana-aria.

La strada della ricerca sull'influenza della qualità dell'aria sulla qualità del suono era ormai definitivamente tracciata.

IONI LANGEVIN
A causa di variazioni atmosferiche, della naturale radioattività, dei raggi cosmici, inclusa l'attività umana produttrice di reazioni chimiche, delle molecole si ionizzano per perdita o cattura di elettroni momentaneamente liberi.
Gli ioni cosiddetti Langevin, dal nome del loro scopritore, risultano dall'aggregazione di piccoli ioni su particelle solide o liquide estremamente piccole, formando dei nodi di condensazione a grappolo. Anche la respirazione umana interviene nella formazione di grossi ioni, sia negativi che positivi.
La vita di questi grossi ioni è quantificabile in circa un'ora, contro i due o tre minuti degli ioni leggeri.
Gli ioni pesanti spariscono per l'incontro di uno ione pesante di polarità opposta, altrettanto gli ioni leggeri, questi ultimi hanno più probabilità di neutralizzarsi a causa della maggiore mobilità. In concomitanza della formazione o sparizione di questi ioni, si formano delle onde magnetiche a particolari frequenze.

L'AZIONE DEGLI IONI LANGEVIN SUL SUONO:

Sembra che il modo di interagire con la qualità del suono nel senso di deterioramento della trasmissione con conseguente perdita di musicalità, avvenga in conseguenza dell'incontro dell'onda sonora con un grosso ione Langevin avente una certa carica elettrica: da ciò deriva una deformazione locale del fronte d'onda che non può più essere annullata da un'ipotetica deformazione inversa.

Se comunque è possibile avere un'idea del modo di interagire degli ioni Langevin con la propagazione del suono nell'aria, resta da esaminare la loro influenza sul resto della catena, cavi inclusi.

Gli ioni Langevin non sono solo presenti nell'aria, essi aderiscono a tutte le superfici che ci circondano.

Prendiamo ad esempio un cavo, cavo per altoparlanti giusto per fissare un'idea, ma potrebbe essere anche un cavo di interconnessione o di alimentazione o per trasferimento di segnale video o digitale. Degli ioni Langevin aderiscono alla sua superfice isolante esterna per le forze di Van der Waals.
Questi ioni subiscono l'influenza del conduttore (tensione elettrica del segnale), ma influenzano altrettanto gli ioni che aerei che circondano il cavo, creando quello che Johannet chiama "reseau ionostatique", campo ionostatico.
In questo campo gli ioni sono accoppiati:

a) elettricamente per le forze di Coulomb.

b) elettromagneticamente per trasmissione di oscillazioni elettriche
ad alta frequenza da ione ad ione, ciascuno di questi si comporta
in pratica come un piccolo dipolo che contemporaneamente riceve ed
emette.

A questo punto bisogna considerare una cosa: nell'oceano di variabili ed incertezze che governano il mondo della riproduzione audio di qualità, una certezza è rappresentata dal fatto che i cavi, alle misure, presentano un comportamento quasi perfetto per la trasmissione del segnale, ben al di sopra delle capacità uditive umane.
Se dunque si ammette che il cavo rispetti perfettamente l'integrità del segnale, almeno per quello che si misura, e se si ammette l'udibilità della sua influenza sull'ascolto, cosa che si constata nella pratica, allora bisogna cercare la causa della sua influenza sul suono, non nella sua funzione prioritaria che è quella di trasferire segnale, ma nella possibilità che esso influenzi il campo vicino che lo circonda.
Non ci sono alternative: come diceva Sherlock Holmes, quando si è escluso l'impossibile, bisogna considerare l'inverosimile!
Se non è il cavo a fare la differenza, è qualcosa al di fuori di lui.

Una parentesi a questo punto: per eliminare gli ioni Langevin dalla catena, sulla quale essi dimorano per asssorbimento, una soluzione radicale sarrebbe quella di utilizzare i vari elementi, sotto vetro, ovviamente altoparlanti esclusi.
Abbiamo avuto due esempi sul mercato, una meccanica per cd (Mcromega) ed un cavo realizzato con conduttori sotto vetro sempre da un costruttore francese (Fadel).

Abbiamo visto che nella prima parte la teoria delle microscariche che creavano turbolenze attorno alle guaine esterne dei cavi con conseguente influenza sulle apparecchiature vicine era stata oggetto di ricerca da parte della EDF (Reserches et dèveloppement de Chamart), dal 1996 al 2003, ma, in assenza di documentazioni e misure concrete, questa teoria venne abbandonata a favore della teoria sugli ioni Langevin, anche se, a ben guardare, concettualmente entrambe le teorie si traducano nel concetto di onde ad alta frequenza che si propagano sulle superfici isolanti o nell'aria e influenzando quindi il campo ionostatico che pervade la catena di riproduzione.

E' l'aria quindi sotto accusa , l'incidenza degli ioni Langevin ed in generale degli ioni positivi deve essere neutralizzata, un generatore di ioni negativi è necessario.

E ormai assodata la benefica influenza sul benessere fisico di uno ionizzatore , nessuno aveva mai pensato però, che la sua azione potesse estendersi, liberando il cammino delle onde sonore, al miglioramento della qualità dell'ascolto della musica.

giovedì 24 luglio 2008

Scena, evento, evocazione.

Herodes Atticus Odeon. Atene

Mikis Theodorakis. Live at Herodes Atticus Odeon 2005.
Concerto per la celebrazione dell'ottantesimo compleanno del maestro.
Strose to stroma sou gia dou.
Zorba.


Cerchietti verdi: posizione microfoni.

Immagine complessiva ripresa dai microfoni

Impianto di riproduzione.

Scena riprodotta.


Da sempre l'uomo ha sentito il bisogno di immaginare mondi artificiali in cui reinventarsi l'esistenza; questo bisogno ha trovato la sua espressione concreta - sin dalle prime presenze antropiche - nello spettacolo.
Lo spettacolo ha la funzione di evocare uno spazio ed un tempo artificiali, proiettando lo spettatore in una dimensione diversa da quella in cui vive abitualmente. Il compito dell'architettura è di contribuire a creare questo slittamento dal reale all'immaginario.
Per quanto diversi siano poi i tipi di spettacolo (di prosa, lirico, musicale ecc.) esiste un diaframma, visibile o non, tra spettatori ed artista; questi adotta potenti forme di espressione: il suono, l'immagine, il movimento. L'azione scenica deve poi trasmettersi, propagarsi da un soggetto all'altro attraverso apparati scenici e sonori e meccanismi che diffondano lo spettacolo in modo coinvolgente.

Chiudendo gli occhi, di fronte ad un buon impianto di riproduzione, dovremmo "vedere" musicisti e cantanti di fronte a noi, all'interno di uno spazio acustico virtuale.
La creazione di una scena tridimensionale e' ottenuta tramite una elaborazione da parte del cervello, della leggera differenza tra i segnali del canale sinistro e destro che arrivano simultaneamente alle nostre orecchie.
La percezione visuale funziona allo stesso modo: non esiste un'informazione di profondità nella retina del nostro occhio, il cervello elabora la profondità da due immagini piatte.
Un superbo soundstage, in un sistema di riproduzione, è estremamente fragile. Ogni dettaglio deve essere curato. Posizione d'ascolto, acustica ambientale, posizionamento dei diffusori, cablaggio, tutto concorre a mantenere intatte le sottili nuances, fondamentali al nostro cervello, al fine di ricostruire e focalizzare l'evento catturato ed elaborato dagli artefici della registrazione.

lunedì 14 luglio 2008

Verità, o arte della riproduzione ?

Teatro Olimpico. Vicenza.

Mozart: Mitridate re del Ponto. (Harnoncourt). Teatro Olimpico.



Arte come verosimiglianza all'originale o arte come generatrice di emozioni che possono superare la natura stessa di ciò che imita?

Immaginiamo un teatro ovale, i cui palchi siano affollati di spettatori dipinti nell'atto di partecipare a ciò che avviene sotto.
Alcuni spettatori non gradiscono il fatto che si pensi di far credere loro una cosa tanto inverosimile.
Viene fuori una discussione tra uno spettatore e l'avvocato dell'artista che ha avuto l'idea di dipingere gli spettatori.
Il dialogo cerca di chiarire il punto di vista dell'artista e la plausibilità di una simile scelta.

AVVOCATO DELL'ARTISTA : Vediamo se possiamo trovare un punto di contatto.

SPETTATORE: Ma quale punto di contatto! Non capisco come lei possa giustificare una simile idea !

AVVOCATO: Se va a teatro, lei non si aspetterà certo che tutto quello che vedrà li dentro sarà vero e reale!

SPETTATORE: Ovviamente no, pretendo però, che tutto mi appaia vero e reale.

AVVOCATO: Mi perdoni se la contraddico, ma io affermo che lei non lo pretende affatto.

SPETTATORE: Questo sarebbe proprio strano ! Se non lo pretendessi affatto, perchè i decoratori perderebbero il loro tempo a dipingere secondo le regole della prospettiva, perchè studiare i costumi, perchè curare l'illuminazione, perchè spendere tanto al fine di trasportarmi nel tempo in cui avviene l'opera? Perchè gli attori recitano in modo da farmi dimenticare l'inganno al fine di farmi vedere non un'imitazione, ma la cosa reale ?

AVVOCATO: Lei descrive benissimo le sue sensazioni, ma cosa direbbe se io obiettassi che nessuna rappresentazione a lei appare reale come lei dice, ma di tutte è cosciente che siano soltanto pallide imitazioni del vero!

SPETTATORE: Mi porti degli esempi.

AVVOCATO: Se si trova all'opera lei prova un piacere vivo e completo, non è vero?

SPETTATORE: Se tutto funziona, si.

AVVOCATO: Ma quegli attori e cantanti che si sgolano esprimendo sentimenti, odio, amore, passione, che si azzuffano e si dividono cantando, le appaiono realmente veri e credibili ?

SPETTATORE: In verità , a ben riflettere, non oso affermarlo.

AVVOCATO: E di tutto ciò tuttavia lei e' contento e soddisfatto, non è vero questo ?

SPETTATORE: Senza dubbio.

AVVOCATO: Non si sente quindi ingannato ?

SPETTATORE: A dire il vero, si e no.

AVVOCATO: Quindi la sensazione di essere trasportati con un'opera ,in realtà è un inganno ?

SPETTATORE: Malvolentieri ammetto che in parte è vero.

AVVOCATO: Eppure anche questo non è vero , a volte lei è completamente trasportato e dimentica se stesso come se fosse completamente incantato !

SPETTATORE: Mi è accaduto in effetti qualche volta.

AVVOCATO: Mi può dire quando ?

SPETTATORE: In molti casi, quando, penso, ogni cosa sta funzionando al meglio.

AVVOCATO: Possiamo allora attribuire all'opera d'arte, non la verità di ciò che imita, ma una verità interiore che va ben oltre di ciò che appare.
Un'opera d'arte può essere desiderata come sola imitazione della natura, soltanto da un destinatario incolto, comunque utile e prezioso per l'artista.
Il vero appassionato non guarda solo la perfezione di ciò che è imitato, ma la ricchezza spirituale ed il divino del piccolo mondo artistico.

(libera sintesi da uno scritto di Goethe sulla verosimiglianza dell'arte)